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ANTEPRIMA

Se dovessi seguire, per la promozione del mio libro, le indicazioni presenti in rete che suggeriscono di descrivere la propria esperienza di scrittura, dovrei dire che ho pianto dalla prima riga all’ultima, perché – chi ha avuto la fortuna di avere un legame simbiotico con il proprio animale lo sa – quando lui muore si apre in te una voragine che ti inghiotte e rischi di morire pure tu.

A me è capitato e la leggenda, bellissima, del ponte dell’arcobaleno non è bastata, non è riuscita a consolarmi.

La scrittura invece, nel mio caso, è stata d’aiuto e desidero restituirlo come posso.

Ho deciso quindi di destinare tutto il ricavato delle vendite ai cani.

A tutte le realtà bisognose non riesco a pensare, ne ho scelta una, il canile Rifugio di Francy Cognato, a Palermo.

L’ho scoperto su Twitter, ho letto di come Francesca, con l’aiuto dei volontari, si prodiga per i suoi “canuzzi”, ho seguito le paradossali vicende di resistenza a intralci burocratici assurdi, che avrebbero stupito persino Kafka, frapposti da chi dovrebbe invece agevolare e sostenere la sua attività.

Se volete saperne di più, trovate ogni indicazione sul suo account Twitter (@francycognato) o sulla pagina Facebook Un rifugio da salvare @sosprimosoccorsocaniegatti.

Il volume è edito con Youcanprint, in formato cartaceo e come ebook.

Costa € 13,00

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Dalla prefazione

di

Raffaele Mantegazza 

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docente di Scienze pedagogiche e sociali, Dipartimento di Medicina, Università di Milano Bicocca

che ringrazio per essersi unito all'iniziativa benefica regalandomi la prefazione.

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«Una storia nella quale gli animali parlano. Sarà un racconto di fantascienza? Una favola di Fedro? Un fantasy? No, è un racconto realistico, e la cosa sconcertante non è tanto che gli animali parlano, cosa che non dovrebbe assolutamente stupirci, ma che ci siano esseri umani disposti ad ascoltarli e capirli»

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«Il linguaggio è relazione, evidenzia e sottolinea gli aspetti positivi e negativi di un rapporto. Quando un illustre scienziato ha potuto affermare che il miagolio del gatto significa “dipendenza” ha legittimato in modo sconcertante lo specismo di una specie, quella umana, che di certo è superiore agli animali nella propria infinita presunzione»

 

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«Tutto è linguaggio, o meglio tutto può essere ascoltato, non con le orecchie ma con ogni parte del corpo. La vita può essere articolata in tante lingue che si intrecciano, si commentano, si correggono. Vivere il nostro rapporto con gli animali dal punto di vista dell'ascolto significa toglierci finalmente da quel centro del mondo nel quale ci siamo messi con sconcertante arroganza e collocarci alla periferia, dove si sentono suoni nuovi, rumori diversi, parole che non abbiamo mai immaginato. La vicenda narrata in questo libro ci aiuta a farlo, ci mostra che tutti sono capaci di questo gesto ma che non si tratta di un gesto facile, occorre umiltà e occorre sapersi mettere al proprio posto all'interno del cosmo»

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​​​dall’incipit

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Arrivò il 28 ottobre 2017, giorno delle nozze di Elena e Riccardo.

In piedi, di fronte al guardaroba, Elena era indecisa. Pochi capi riuscivano ancora a vestire il suo corpo, appesantito dall’età e dalla gola. Ne provò un paio.

«Forse questo, può andare. Mi chiudi la cerniera per favore?»

Riccardo era già pronto, indeciso solo sulla cravatta.

«Come sei bella!»

Elena si guardò. L’abbronzatura resisteva per dare risalto ai suoi colori e al verde degli occhi, l’abito, due toni di grigio, era sobrio ed elegante, un po’ di trucco, un po’ di tacco, bella forse era esagerato, però gradevole.

Riccardo la prese per mano e la portò vicino alla finestra, nello stesso modo in cui le aveva detto di essersi innamorato di lei. Le accarezzò i capelli, le sistemò i boccoli. Cosa avrà voluto dirle, sedici anni dopo?

Iniziò il lungo preambolo:

«Prima che tu faccia strane supposizioni, per evitare sospetti, considerate le mille domande di ieri sera per sapere dov’ero, anche se mi rovina la sorpresa, te lo dico».

La “sorpresa” anticipò qualcosa di piacevole. Gli sorrise:

«Quindi dove sei andato?»

«Sono sparito per un motivo».

«Quale? Dove sei stato?»

«Ho fatto il giro dei veterinari qui intorno».

«Veterinari?»

«Sì, per guardare le loro bacheche».

«Ma, perché?»

«A Montevecchia ho trovato un cucciolo».

Elena sgranò gli occhi in un’espressione di stupore e sofferenza.

Un altro cane? Proprio quel giorno? Pianse mentre ascoltava tutte le motivazioni, sensate, condivisibili ma fastidiose, che tentavano di opporsi all’onda incontenibile del suo dolore, ancora troppo intenso. Proprio quel giorno, il compleanno di Pedro, scelto apposta perché fosse con loro anche se era morto. Riccardo parlava e lei non sentiva. Finché tra le lacrime si aprì uno spiraglio, Elena comprese che il cucciolo era il suo regalo di nozze, come Pedro appena nato era stato il suo regalo di Natale.

Un altro cane, Riccardo l’aveva ipotizzato persino quando Pedro ancora sano e forte invecchiava con loro. Parlarne le aveva sempre provocato una specie di esplosione nel cervello, non voleva sentire, non ci voleva pensare, non prima. E neanche dopo. Tra le parole, inarrestabili come il suo pianto, sentì una frase:

«Quindi, se vuoi, andiamo a vederlo e, se per qualsiasi ragione non ti va, basta dire ci penso».

Rispose annuendo.

 

… e sfogliando più avanti…

 

Era bellissimo avere ancora un cucciolo tra le mani, ma molto doloroso. Giatt non era il suo cane, non ancora. Elena cercava Pedro e lui non c’era, c’era un essere altro. Toccarlo non le dava le stesse sensazioni, le sue carezze erano per il momento solo tollerate. Non la schivava, ma neppure la cercava, con slancio, per lo scambio di tenerezza empatica per lei così naturale. Le pareva che Giatt non la ascoltasse, o che non la capisse. Lo sentiva diffidente, quasi scostante.

Pedro naturalmente consapevole della sua bellezza, della sua innata eleganza, le sembrava un aristocratico saggio e comprensivo, che donava tutto sé stesso, senza alcuna boria. Era amichevole con tutti, tranne con i suoi simili maschi, faceva stragi di cuori femminili, scodinzolava agli umani tutti, ignorava i pochissimi antipatici. Sapeva di essere superiore a molti ma non ne abusava e soprattutto si mostrava solo a chi se ne rendeva degno.

La prima volta che Elena si siede qui al tavolo, fatti prendere in braccio e guarda quello che sta guardando lei. Se vedi un cane bellissimo, con l’espressione intelligente, gli occhi castano chiari dorati, le ciglia setose, il pelo biondo e lucido, bene, quello sono io. Dai scherzo. Mi riconosci appena mi vedi, sono sicuro.

...

Ho sentito anche parlare di una certa Dagma, sai chi è?

È il cane di Sandra, un’amica di Elena. Matta e simpatica,

ha un anno meno di me e da piccola era ingestibile come te.

Anche lei è andata a scuola, ma con scarsi risultati.

C’è una foto in cui ci guardiamo negli occhi,

Elena sperava che nascessero i dagma-pedrini

ma non abbiamo concluso nulla.

Quarta di copertina

Nella vita di una coppia manca in modo straziante il loro cane. Quando arriva un cucciolo, problematico e fobico, ricordi e dolore complicano tutto. È difficile abituarsi, dopo un legame profondo, a un essere altro. Invece accade, grazie al deus ex machina che quasi subito conforta, svela, aiuta e si rivela anche all’umano incredulo. In uno stile sincero e snello, ma interessante, che cattura attenzione e simpatia, la vicenda degli umani si immagina travagliata, ma resta sullo sfondo e si intreccia a quella dei cani al solo scopo di dare loro voce. Prefazione di Raffaele Mantegazza

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